Qui scatta la solidarietà femminile che nulla c’entra col femminismo, intendiamoci bene. Ma è che troppe donne, quelle che porto nel cuore, soffrono in silenzio una relazione malata. L’amore può essere malato? La storia dello specchio in cui ci troviamo riflesse è un boomerang che colpisce con tutta la sua forza e il dolore, al principio insopportabile diventa, col tempo un fedele amico.
Tutto esplode l’estate; perché? Si ha più tempo … per pensare e per sentire …
Si fanno i progetti delle vacanze, a volte si infrangono sogni perché i soldi scarseggiano o perché tanto è sempre lui che decide. Si sta di più insieme, per forza e non per desiderio e la tolleranza, che aiuta durante l’anno, comincia a vacillare. Tutto finisce, per un po’, la scuola, le attività, il lavoro, per il soffio di un respiro ma sufficiente a portare a galla il malessere, che si traduce in ulcere, fame chimica o, al contrario in anoressia isterica, tachicardia, attacchi di panico, insonnia. Diventano giorni incubo dove tutto sembra impossibile e sfiora il desiderio di spedire i figli, anche loro, lontano, ovunque purché al sicuro, oppure stritolati in abbracci eccessivi, stritolanti. Fino ad arrivare a trovare dentro un nido, uno scoglio a cui aggrapparsi con tutta la forza, un’altra dimensione, quella della salvezza, perché il nostro cervello in questo è fantastico, machiavellico, ingegnoso. Non è altro che la tolleranza che sta calibrando nuovi valori, i numeri della salvezza apparente. Lì si cela la sconfitta, l’ennesima, quella della rassegnazione e dell’abilità di grandi apnee, che sembrano rafforzare, temprare; ammaliano, trasformano in martiri perché un giorno qualcuno, qualcosa si accorgerà del sacrificio e allora sarà fatta giustizia. Intanto loro sono spettatori, i figli, l’alibi, il capro espiatorio, il nobile motivo del sacrificio, perché in fondo vederli intelligenti, pensanti e capaci non è accettabile; loro sono piccoli, vanno protetti con frasi di circostanza, improvvisi traslochi dai nonni e regali inaspettati.
Troppe donne, amiche e sconosciute ma tutte con quello sguardo; a volte il bisogno è di regalare un’altra immagine, quella del successo o del controllo; poi la stanchezza le vince tutte, diventa la parola d’ordine per sviare e proteggersi. Ma gli occhi della tristezza sono quelli, non ce n’è, sbiaditi e perennemente annacquati, con lacrime soffocate e lo sguardo perso, vagante, perché fermarlo vuol dire fermarsi e guardare. Sentirsi vittime è quanto mai di più pericoloso e lontano dalla salvezza, sentirsi martiri va oltre la mia comprensione e attiene alla fede, al credo di un mondo migliore e ultraterreno. Al di là di ogni risposta quello che deve trovare posto è il diritto di sentirsi padrone della propria vita e il diritto di scegliere senza espiare colpe rispetto al passato o ad un karma precedente, libere anche dal giudizio.
La femminilità nuda, spogliata da Elena Stancanelli è quella che più spaventa, è il baratro dove la protagonista ci ha costruito la sua fossa e il suo delirio non è irreale, tutt’altro. È spaventoso, umano e ci racconta un pezzo di noi che urla dentro e rimane intrappolato, il più delle volte. Violento, nauseante è il dolore e coltivarlo diventa un’abitudine, una casa calda dove tornare e ritrovare sempre lo stesso.
Le ragazze di Concita De Gregorio sanno cosa vogliono e come dire di no. Anzi fanno di più, si prendono quello che scelgono, fanno quasi paura per come lo fanno. E sono lucide nei loro deliri, schiette e disincantate. Sono le giovani donne di oggi, le nostre figlie già attrezzate e che forse ci guardano e pensano che loro non arriveranno mai a tanto dolore. Ma in fondo forse, il trucco è proprio lì!
Bellissima riflessione Daria e cosi vera. Troppe donne meravigliose si votano al sacrificio, attendendo che qualcosa di piu` grande di loro venga un giorno a salvarle. Passivita` e remissione, chiuse a riccio per difendere i propri cuccioli da dolori che, immaginati, sembrano ancora piu` grandi della sopportazione. Il cuore del problema e` una mancanza di amore verso se stesse. Perche` siamo cresciute con l’idea che prenderci cura di noi e delle nostre emozioni doloranti prima dei nostri compiti famigliari sia egoismo. Purtroppo cosi priviamo noi stesse e gli altri della vera serenita` e felicita` che e` sempre l’aspirazione piu` grande che possediamo. Ci vuole coraggio ad ammettere che le cose sono cosi diverse da come le avevamo immaginate, ma incominciare ad affrontarle invece che a subirle e` l’atto d’amore piu` grande che possiamo fare. Per tutti.